Raccolgo qui dei testi che ho scritto su alcuni aspetti della gestione del processo di (ri)costruzione della città dell'Aquila in seguito al terremoto del 6 aprile 2009.
Gli scritti, a partire da una visione critico-problematica basata su prospettiva di analisi antropologico-culturale, puntano a mettere in rilievo i momenti di ingenuità, disfunzionalità, corruzione, propaganda, speculazione, profitto che minacciano il futuro della città.

L'Aquila, 10 marzo 2010
Antonello Ciccozzi

giovedì 11 marzo 2010

RICICLARE LE MACERIE PER UNA CITTA’ SOSTENIBILE 22 febbraio 2010

Scrivo in tutta fretta, ma si tratta di un tema cruciale. Se la qualità del futuro dell’Aquila dipende da molte variabili, la differenza dei nostri destini dipenderà da come saremo in grado di comprendere queste variabili, ossia di selezionarle in base alle priorità e di interpretarle in base alle possibilità di azione.

La variabile al momento più problematica ha il nome di MACERIE, e rimanda all’opposizone tra SMALTIMENTO e RICICLAGGIO, ossia al bivio tra uno scenario di SOSTENIBILITA’ e uno di CONSUMO.

Personalmente credo che si debba con forza respingere qualsiasi prospettiva di smaltimento, per avviarsi verso un’economia della sostenibilità che preveda il trattamento delle macerie in forma di riciclaggio, e in modo da insediare nell’area aquilana uno stabilimento industriale adibito a tale produzione. Questo significa non solo ricavare materiale dal rifiuto, ma trasformare un problema in una risorsa, una spesa in un guadagno, una barriera in una prospettiva, una tragedia in un lavoro. Questo significa per L’Aquila una parola: futuro.

In Italia, nazione attanagliata da un’ideologia della conservazione che spesso risulta eccessiva e rende miopi, la cultura edilizia della demolizione e del riciclaggio dei materiali da costruzione non è ancora stata recepita con dovizia. Occorrerebbe che i politici iniziassero a guardare all’estero per chiamare chi è in possesso delle migliori tecnologie attualmente disponibili su scala planetaria, per pensare a un insediamento industriale che si occupi di questa forma di produzione, per un discorso all’avanguardia che possa essere anche occasione di laboratorio di sviluppo e miglioramento della tecnologia stessa di riciclaggio.

Questo consentirebbe alla città di uscire dal RISCHIO DEL “RATTOPPO” di gran parte del tessuto condominiale, che si profila all’orizzonte anche come antitodo per la carenza di luoghi da usare grettamente come pattumiere per buttare la città crollata. Questo consentirebbe di evitare di finire in mano alla criminalità organizzata, da sempre pronta ad affrontare problemi gestibili solo di nascosto.

In altre nazioni la scelta tra ristrutturazione e abbattimento di un condominio riguarda una scelta costi/benefici che tiene conto delle spese e del valore di mercato in modo lucido e lungimirante. In nazioni come la Germania un condominio può essere demolito anche per lavori che superano appena la reintonacatura. Una ditta spacializzata smonta tutti gli infissi e gli interni, poi il palazzo viene demolito; il mucchio di ferro, cemento e mattoni che ne resta entrano in una fabbrica, ed esce ferro e materiale inerte per l’edilizia. Il tutto richiede mediamente circa una settimana di tempo. Non è possibile che ci dobbiamo ridurre alla ricerca di terreni entro cui seppellire la città. Non è possibile che ci accingiamo a rattoppare centinaia di palazzi infartuati esponendo i nostri posteri a un rischio assurdo.

Ovviamente, per i palazzi del centro storico andrebbe fatto un discorso di selezione qualitativa dei materiali, per i condomini della periferia sarebbe più adatto un approccio quantitativo; ma, tenendo conto di una necessaria differenziazione della tipologia di intervento, in entrambe i casi, ancora, dovrebbe valere l’imperativo ecologico del riciclaggio, concretamente, della ricerca della massimizzazione del materiale riciclabile.

Questo discorso a L’Aquila è stato affrontato solo marginalmente grazie all’interessamento del consigliare Antonello Bernardi; ma ora, nel momento decisivo, è preoccupantemente sparito dal dibattitlo pubblico e istituzionale. Queste righe vogliono sulla vitale imprescindibilità dell’argomento, e un monito per avvertire tutti dei rischi che corriamo.

Ci credo poco, ci credo poco dato il clima che si respira; ma, se L’Aquila vuole ancora provare a diventare d’esempio per il mondo, trasformando la catastrofe in catarsi, la strada della ricostruzione non può che passare per i territori della SOSTENIBILITA’. Solo così potremo diventare un luogo esemplare per il futuro.

Con le parole che scegliamo (ri)costruiamo il mondo intorno a noi, e per comprendere le direzioni auspicabili per il nostro futuro occorre scegliere in senso culturale, prima che economico. La sostenibilità è un concetto culturale che richiede scelte e attivazioni tecniche, ma è necessario costruire prima senso comune intorno a ciò che deve essere percepito come un valore necessario. A mio parere le parole di questi giorni dovrebbero essere: RICICLAGGIO DELLE MACERIE PER UNA RICOSTRUZIONE SOSTENIBILE.

A questo i politici sono chiamati, e in base a questo la storia li peserà riguardo a come seppero affrontare il terremoto dell’Aquila (che è diverso dal terremoto d’Abruzzo).

L’Aquila, 22-2-2010

Antonello Ciccozzi

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