Raccolgo qui dei testi che ho scritto su alcuni aspetti della gestione del processo di (ri)costruzione della città dell'Aquila in seguito al terremoto del 6 aprile 2009.
Gli scritti, a partire da una visione critico-problematica basata su prospettiva di analisi antropologico-culturale, puntano a mettere in rilievo i momenti di ingenuità, disfunzionalità, corruzione, propaganda, speculazione, profitto che minacciano il futuro della città.

L'Aquila, 10 marzo 2010
Antonello Ciccozzi

lunedì 12 aprile 2010

PROPOSTA DI RIPENSAMENTO DELLA LOCALIZZAZIONE DEL PROGETTO CASE 29 GIUGNO 2009

qui c'è il testo integrale che il 29 giugno inviai, alla Protezione Civile (alla redazione di Abruzzo e Noi e alla persona dell'ing Mauro Dolce), e per conoscenza ai comitati cittadini, con delle proposte di revisione della localizzazione dei siti del progetto C.A.S.E..
Il testo riprende i temi che durante tutta la fase di decisione della localizzazione ho cercato di portare avanti presso le istituzioni, sottolineando non solo elementi di contestazione, ma, appunto, proposizione di alternative che non sono state seguite. Oggi ci troviamo a dover fare i conti con una territorialità malata a causa di una pseudo ricostruzione finalizzata più al profitto extralocale che al benessere della popolazione coinvolta nella catastrofe portata dal sisma.

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PROGETTO C.A.S.E.: PROPOSTA DI REVISIONE DELLA LOCALIZZAZIONE DI ALCUNI SITI

Il progetto C.A.S.E. (che L’Espresso del 2 Luglio ha definito un “mostro urbanistico”) presenta i seguenti problemi inerenti la localizzazione di alcuni siti:

in diversi casi sono state scelte zone rurali interne al comune dell’Aquila, mentre le zone prossime alla città non sono state toccate; questo significa che molti aquilani saranno deportati ai margini rurali del Comune, dove tali zone saranno deturpate nel paesaggio da condomini, ossia tipologie abitative a connotati urbani.

Pertanto si potrebbe chiedere che l’allocazione di alcuni siti, quelli previsti per il progetto C.A.S.E. in ambito rurale intra-comunale, sia rivista dando priorità a due criteri di PROSSIMITA’ e DIFFERENZIAZIONE TRA AMBITO URBANO E AMBITI RURALI: questo significherebbe prevedere un riavvicinamento dei siti più lontani dai margini della periferia urbana in base al criterio “il più vicino possibile alla città”; e la sostituzione, per quanto riguarda le aree rurali interne al Comune, delle C.A.S.E. con le casette in legno già previste dal progetto M.A.P. per i comuni rurali.

IDENTITA’ URBANA E CONTINUITA’ PAESAGGISTICA

Il concetto di “città-territorio” è stato dato entro un’approssimazione grossolana; e questo errore si è posto alla base di una visione isotropa delle caratteristiche geografiche, antropiche e paesaggistiche del comune: se è pensabile a un’urbanità estesa della città dell’Aquila, tale concetto non può non tenere conto che un’unità urbanistica è improponibile laddove vi è una rottura della CONTINUITA’ PAESAGGISTICA.

Questo sistema di rotture della continuità paesaggistica è, nell’aquilano, incarnato dalle discontinuità portate dalla montuosità del territorio. Tali discontinuità implicano differenziazioni geografiche che condizionano la produzione dell’identità culturale in termini di varietà, di differenza. Se una città estesa è pensabile grossomodo da Preturo a Bazzano, è assai improbabile, se non improponibile, un’idea di città laddove dove le colline separano materialmente i luoghi. Camarda, Roio Piano, Pagliare di Sassa, Collebrincioni, Arischia, non saranno mai integrabili nel territorio urbano in modo pieno e funzionale: ci sono montagne che chiudono il paesaggio.

Per fare un esempio, già l’ambito territoriale di Paganica e Tempera, pur vicino geograficamente a L’Aquila, presenta delle differenze storico culturali (rilevabili attraverso differenze nei dialetti, differenze nella percezione e nell'espressione del sé collettivo) esito di una sedimentazione storica in cui la separazione geografica della continuità paesaggistica portata dal monte di Bazzano costituisce un fattore di (ri)produzione di varietà interna). Cinque chilometri in linea d’aria possono diventare, quando c’è un monte a fare da confine, una distanza enorme da un punto di vista storico-culturale.

IPOTESI SUL PROCESSO DI SCELTA CHE HA PORTATO ALL’ATTUALE SCENARIO ALLOCATIVO

Il processo di scelta che ha generato la situazione attualmente attiva ha riguardato un iter di negoziazione tra Protezione Civile e poteri istituzionali locali. A causa della necessità imposta di scelte veloci, tale processo ha visto la società civile aquilana totalmente estromessa da qualsiasi possibilità di opinione.

A seguito riporto una serie di dichiarazioni degli attori istituzionali coinvolti in tale processo di scelta:

Cialente:

“Hanno deciso tutto loro [la Protezione Civile], io ho solo impedito che realizzassero un'unica mostruosa new town. Ci dovremo ora impegnare a non trasformare questi quartieri in tanti piccoli ghetti”.

“le richieste per l'individuazione delle aree sono state tre: no alla New Town, distribuire sul territorio i nuovi insediamenti e localizzarli il più vicino possibile alle frazioni”

Bertolaso:

l’allocazione è stata decisa “sulla base di un lavoro congiunto che è stato portato avanti dagli urbanisti del comune che ci dicevano: “qua si può fare, qua non si può fare”.

Bertolaso ha dichiarato che gli urbanisti del Comune hanno attuato una preselezione di siti da tutelare dal progetto C.A.S.E., e successivamente, sul territorio rimanente da tale preselezione, si sono fatte le scelte: il “qui” della Protezione Civile è stato preceduto dal “qui no” del Comune.

Queste alcune dichiarazioni di chi si è posto in modo critico nei confronti delle scelte fatte:

Antonio Perrotti:

“La scelta delle aree non dipende solo da criteri idrogeologici. Sono stati risparmiati dall'esproprio grandi lotti in prossimità del centro storico, di proprietà di aristocrazie terriere e immobiliari, e che tra qualche anno varranno oro “ Qualche esempio: “Gli ettari di Lenze di Coppito, inseriti già nel Prg vigente come area di espansione edilizia e direzionale, vicina all' ospedale e all'università potrebbero essere stati salvati dalla divina provvidenza essendo oggetto di un accordo di programma che vede protagonisti le banche e anche gli enti ecclesiastici. Le piccole new town, sono in molti casi cunei di urbanizzazione che moltiplicheranno il valore delle terre circostanti. Un esempio sono i siti di Bazzano e Sant'Elia, intorno a cui da anni insiste la proposta di un programma di riqualificazione urbana”. Secondo questa lettura, insomma, gli aquilani vengono allontanati dalla loro città per salvaguardare, sotto le antiche mura, gli spazi di manovra politica ed economica della ricostruzione.

Me medesimo (Antonello Ciccozzi):

[in riferimento alle richieste per l'individuazione delle aree fatte dal Sindaco] “Sarebbe forse stato più assennato dire: localizzare gli edifici con caratteristiche architettoniche urbane il più vicino possibile alla città consentendo a tutti gli aquilani di restare limitrofi alla città, pensando per le frazioni un’edilizia sostenibile dal punto di vista paesaggistico e identitario”.

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In al modo, dopo aver superato la “New Town” si supererebbe il rischio, forse maggiore, della “New Town dis-integrata”, per pervenire finalmente a un’allocazione fatta in base al criterio degli anelli di prossimità, nel rispetto della differenziazione intra-comunale tra ambiti urbani e ambiti rurali, riavvicinando il progetto C.A.S.E. alla città e proponendo per i paesi il progetto M.A.P., già attivo per i comuni rurali.

Sarebbe opportuno chiedere a voce alta che la Protezione Civile inizi a pensare anche all’allocazione di moderni containers per supplire alle necessità abitative di chi non rientrerà nel piano CASE, dei ritardi inevitabili alla consegna dello stesso (che lieviteranno nel caso si voglia rivedere la localizzazione dei siti rurali), e delle restanti 20000 persone circa, che pur non avendo un’inagibilità E, avranno tempi di rientro oltre l’autunno

IN CONCLUSIONE

E’ fortemente ipotizzabile che i criteri di scelta delle aree siano stati orientati dalla necessità di preservare la geografia urbanistico-economica già abbozzata dal PRG del 2004: sono stati “salvati” i terreni vicini alla città e agli interessi economici legati al Demanio, alla Curia e alle lobbies imprenditoriali. Per preservare “L’Aquiletta” (le reti di comparatico e meta-comparatico che fondano e sostengono da decenni i poteri tradizionali locali) dalle conseguenze del terremoto, si è scelto sacrificare la qualità della vita di molti aquilani, che dovranno vivere lontani dalla loro città, e la qualità del paesaggio di molte zone rurali che saranno “inquinate” da condomini urbani.

Chiederei, in nome del diritto alla trasparenza, e faccio tale proposta ai comitati riuniti sperando che l’adottino, agli urbanisti del Comune che hanno operato una pre-selezione di terreni da non toccare, una lista dettagliata di tali terreni, con la motivazione delle scelte.

Contestualmente sarebbe opportuno che chi ha competenze in merito (mi vengno in mente l’arch. Antonio Perrotti o l’urbanista Francesco Tironi), stilasse una lista di aree proponibili in base al criterio di massimizzazione della prossimità rispetto ai limiti della periferia urbana, per consentire, appunto, agli aquilani di stare il più possibile vicino alla città; e ai paesi separati dalla città da discontinuità naturali (le montagne) di non venire irrimediabilmente deturpati.

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